E un'altra volta è notte e scrivo. Ma questa volta forse non te la mando la lettera. Per ora la metto qui nel mio blog, nel mio piccolo diario virtuale, dove non so se la leggerai o meno, ma in questo momento non mi importa. Scrivere serve a me. Ma so che le altre le hai sempre lette, so che al di là delle mie ansie e delle mie paure comunque “sei tornato”; al di la delle tue di ansie, delle tue di paure, forse a modo tuo ci stai provando. Non so se ci riuscirai, e anche se al mio IO sentimentalmente disastrato e dolorante sembra non bastare, in realtà deve essere abbastanza.
“Come sono i miei occhi?” - mi hai chiesto sabato scorso – sempre gli stessi...... rispondo adesso.
Quel giorno sono scappata, sono fuggita da te per non cedere, perché pensavo di riuscire a farcela, a resisterti. “Speravo”, mi illudevo di non amarti più. Ieri notte tra le tue braccia ho capito che non amarti non mi è possibile, come non mi è possibile vivere senza nutrirmi, senza dormire, senza respirare……..
Ma. C’è sempre un ma in ogni storia, ed anche in questa c’è. Ed è che in tutti questi mesi il tempo è passato, tu sei cambiato ma anche io sono cambiata. In bene o in male non ha importanza… panta rei, tutto scorre…. ed il fiume della nostra vita che passa non è mai fatto della medesima acqua… Ed ognuno sopravvive come può agli assalti della vita. Per non morire, per continuare a respirare senza sentirsi i polmoni soffocare nel liquido delle troppe lacrime che la vita ci ha fatto ingoiare. Ed anche io devo sopravvivere, perché continuare a dare amore a qualcuno che ti chiede tanto ma sa darti così poco non è facile. Cosa sono io per te? Non lo so, non l’ho ancora capito. Avrei voluto chiedertelo, ieri sera, ma non ne ho avuto il coraggio…
“Cosa vuoi da me?” - parole facili da dire, in fondo, ma che le mie labbra vigliacche non hanno saputo pronunciare, perché distratte dalle tue labbra morbide, dispensatrici di baci. E poi era tardi, l’attimo svanito e il cervello aveva rimosso, per comodità, per paura della risposta.....
Dare metà per uno: amare ognuno al 50%. E’ un’utopia, non accade praticamente mai. Migliaia di sfaccettature, migliaia di possibilità nel mezzo, c’è sempre chi dà di più e chi di meno. Ma agli estremi ci si ferma: io posso darti il 99% e ricevere solo l’1%... ma di meno non posso, si può morire di mal d’amore, di inedia affettiva. E le pile vanno ricaricate ogni tanto! Prima lo facevo con le pillole, farmaci contro la depressione, l’ansia, il mal di vivere che in questi ultimi anni si era fatto largo nel mio cuore. … Ma adesso basta. Me lo sono giurata che non ingoierò più nessuna pillola, IO devo reagire. Tu… tu sei la mia mezza mela, il mio amore, la mia vita…. E voglio ancora provare a raggiungere quello che chiami il tuo IO”. Ma io non sono tua, non ti appartengo, adesso l'ho capito chiaramente. E non sono nemmeno sua, nemmeno lui può legarmi, anche se al contrario di te ha sempre detto chiaramente come stavano le cose fin dal principio: “Prendi quello che posso darti, anche se è poco; vivimi giorno per giorno, e fregatene del domani”.
Io sono la sua medicina, a vicenda ci lecchiamo le ferite, lui è il lupo che vive nel mio cuore, ed io gli voglio un mare di bene per come è. Perché riesce ad accettarmi per come sono. Perché non scappa davanti alla mia sofferenza. Alla mia “Irregolarità”. Ma non è abbastanza. E adesso capisco che io appartengo solo a me stessa. Femminile irregolare, fatta di luce e di buio. Un’anima persa nella tempesta. Che deve imparare ad usare e non solo ad essere usata. A prendere e non solo a dare. Che deve imparare a vivere. Ma che per prima cosa deve imparare ad amare sé stessa.
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