Se il Paradiso esiste è giusto che sia popolato di animali. Ve lo immaginate un Eden senza il canto degli uccelli, il garrire delle rondini, il belare delle caprette e l’apparire del buffo e curioso musetto di un coniglio? Di sicuro nel mio Paradiso ideale non possono non echeggiare miagolii da ogni angolo. Il festoso abbaiare di cani che giocano finalmente sereni.
Vogliamo negare anche questo ai poveri animali?
Si può essere credenti e praticanti o assolutamente atei, ma ciò non ci da il diritto di chiudere in faccia agli altri abitanti del pianeta le porte del Paradiso, di un sogno, di una speranza di liberazione e riscatto. Sono tante le sofferenze a cui sottoponiamo queste creature innocenti; vogliamo aggiungere alla crudeltà umana anche l’esclusiva dell’amore divino per il nostro genere? Ma forse la preclusione “zoo fobica” teologica di alcune confessioni è connaturata all’uso corrente degli animali nella vita quotidiana: allevati, divorati, cacciati, torturati, sacrificati. Ammettere che gli animali abbiano un’anima significherebbe dover rivedere molte delle nostre certezze antropocentriche e rimettere in discussione il nostro rapporto con il Creato. Significherebbe, probabilmente, non comportarsi più da padroni assoluti dell’universo, bensì da padri coscienziosi che difendono i propri figli e, si sa, la responsabilità paterna o materna non è facile da assumere consapevolmente.
Nella discussione se gli animali abbiano un’anima o meno ci vedo la contraddizione tra chi ritiene di avere avuto la terra in prestito e in dono e chi ritiene di averla vinta o conquistata. Per questi ultimi, gli animali, la natura, le risorse della Terra, sono beni materiali di immediato consumo e non rappresentano invece un patrimonio inestimabile da proteggere e conservare.
Bene, io credo che al di là delle convinzioni religiose, mistiche e spirituali di ognuno, il rispetto verso gli animali e la natura, madre di tutti noi, debba rappresentare un presupposto, un comune denominatore del convivere civile. Se gli uomini si attribuiscono l’anima questa non può essere negata a tutti gli altri animali, cugini e fratelli del genere umano, coinquilini nel grembo di “Gaia” (la Terra , vista come un unico organismo vivente, nella teoria del filosofo inglese James Lovelock). Negare questa possibilità, scindere in maniera così netta e violenta il genere umano dagli altri abitanti del pianeta significa una supponenza e presunzione che può avere solo conseguenze drammatiche: gli animali sono oggetti, “materia vivente inanimata” senza sentimenti, intelligenza e capacità di soffrire ed è quindi lecito abusarne a nostro piacimento. Sono convinto che le nuove generazioni rifiutino questa logica distruttiva da generali conquistatori, sadici e violenti. Spesso i predatori del mondo hanno bisogno di supporti ideologici e religiosi per compiere le loro nefandezze: non offriamoglieli.
Prefazione di Giorgio Celli al libro:
Anche gli animali vanno in Paradiso, storie di cani e di gatti oltre la vita
Di Stefano Apuzzo e Monica D’Ambrosio –
Edizioni Mediterranee 2001
Con il contributo di www.bau.it
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